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Scopami – Virginie Despentes – (non) recensione

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[…] Ho fatto l’autostop, sono stata stuprata, ho rifatto l’autostop. Ho scritto un primo romanzo […] senza immaginare nemmeno per un attimo che quando sarebbe uscito mi sarebbero venuti a fare l’elenco dei limiti da non superare. […]

Scrive così Virginie Despentes in King Kong Theory a proposito del suo romanzo d’esordio Baise-moi (Scopami) uscito in Francia nel 1993, quando l’autrice aveva 24 anni.

Più avanti, ancora:

[…] Nel ’93 pubblico Scopami. Primo pezzo, su Polar. A firma maschile. Tre pagine. Di riassegnazione. A disturbare il tizio non è il fatto che il libro non sia buono in base ai suoi criteri. Del libro in realtà manco ne parla. È il fatto che io sia una ragazza che racconta di ragazze del genere. E senza farsi domande – siccome è un uomo si crede in diritto di fami notare quello che mi è permesso secondo la decenza così come la intende lui – questo sconosciuto viene a dirmelo, e me lo dice pubblicamente:

non ti permettere.

[…] Sul momento è talmente grottesco che mi faccio una risata. È in un secondo tempo che cambio tono, quando mi rendo che mi assalgono da tutte le parti e che hanno un’unica preoccupazione: è una donna, una donna, una donna. Ho uno fica stampata in faccia. Prima di allora non mi ero granché confrontata con il mondo degli adulti normali, e per un po’ vedere tutta questa gente che sa distinguere quello che si fa da quello che non si fa quando si è una ragazza in città mi lascerà interdetta. […]

Scopami è un romanzo granata. Lo apri, strappi la spoletta. E ti esplode tra le mani.

La scrittura di Virginie Despentes è nuda, grezza. Una storia raccontata in un unico respiro senza soffermarsi sulla forma.

Ordigno esplosivo rudimentale.

Che ti esplode tra le mani. Come il sole in faccia la mattina dopo una sbronza.

Scopami è un romanzo che parla dal margine, quel margine che può essere abitato, decostruito e trasformato in terreno di lotta o che ti sovrasta, ti definisce, ti maciulla e ti marchia con solchi profondi.
Nadine e Manu attraversano e abitano quel margine e da quel margine ad un certo punto evadono gridando con tutta la voce che hanno.

Tutte le cose che tenti di fare e non vanno mai a segno. Mi viene in mente il racconto della sirenetta. L’impressione di aver fatto un enorme sacrificio per ottenere le gambe e mischiarti agli altri. E ogni passo è un dolore intollerabile – quello che gli altri fanno con facilità sconcertante ti costa sforzi disumani. Arriva il giorno in cui molli il colpo.

Disarticolate, eccessive. Sgraziate. Vive. In una corsa che non è una fuga ma una rivendicazione. E una vendetta. Contro gli uomini, ma soprattutto contro una società edificata al maschile. Un rigurgito acido contro le violenze, gli ordini categorici e le umiliazioni, ma soprattutto un urlo sbattuto in faccia ad un esistente dove non c’è spazio per le donne, e men che meno per ragazze del genere, inchiodate a quel margine da cui non si è disposti a lasciarle uscire.

Che non si devono permettere.

Una corsa per ricucire lo strappo. Lo strappo profondo, il solco profondo.

Il segreto è non esitare.

Nadine e Manu. Te le senti addosso, le conosci. Le riconosci, quando relegano l’amarezza in un angolo e smantellano la tristezza sostituendola con la stizza. Le riconosci, braccate, sorvegliate, rannicchiate in un cantuccio in fondo a una gabbia, mani invisibili che tentano di afferrarle alla cieca. Strette all’angolo dalla logica dell’essere dalla parte sbagliata del mondo. Di essere la parte sbagliata del mondo.

Le riconosci, posizionate dalla parte giusta della pistola.

Vibrano, esaltate. Consapevoli nel qui e ora. Non si torna indietro.

Escludersi del mondo, fare il salto. Essere ciò che siamo di peggio.

Il segreto è non esitare.

 

 

Scopami
Virginie Despentes
traduzione di Silvia Marzocchi
Fandango Libri, 2020
pp. 208

 

Dal margine di bell hooks. Di margine in margine, Senza titolo di viaggio di Filo Sottile. Per affinità, Sporco weekend di Helen Zahavi.

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