Una citazione dall’ultimo libro di Vanni Santoni “La scrittura non si insegna”.
“Avrai notato che in entrambe le liste che ho proposto figura, oltre a Marcel Proust, Roberto Bolaño. Potresti pensare che si debba al fatto che mi piace molto, oppure al fatto che sia 2666 sia I detective selvaggi sono capolavori e «grandi romanzi massimalisti» (e quindi adatti ad aprirti i polmoni e a far accadere tutte le cose desiderabili che abbiamo descritto sopra), ed è vero pure quello, ma il motivo per cui ho messo due volte Bolaño, e per cui lo cito spesso nei miei corsi, è un altro. Bolaño rassicura, e rassicura perché è uno che ai capolavori ci è arrivato tardi, senza dare particolari segni di genio in gioventù e senza neanche avere dalla propria chissà che vantaggi pratici: esule, ha esordito a quarantuno anni, dopo una carriera da poeta, se non mediocre, soltanto buono, con un romanzo ben lontano dall’essere un capolavoro – La pista degli elefanti, riedito nel ’99 come Monsieur Pain – pubblicato dalla stamperia del Comune di Toledo, con una biografia in quarta da autore nato già dimenticato, ha continuato con altri libri decorosi, poi ne ha fatti altri davvero molto buoni e poi ha infilato due capolavori uno dietro l’altro. Subito dopo è anche morto, è vero, ma aveva già fatto più di quanto fanno quasi tutti gli scrittori.
Ecco, Bolaño aveva una caratteristica che chiunque può acquisire, basta che trovi la volontà per farlo: leggeva, leggeva, leggeva.
E leggendo, leggendo, leggendo, è diventato più bravo di tutti quelli che aveva intorno – di quella che lui stesso chiamava l’orda. Pensare a questo è rassicurante, e anche utile, alla faccia dei Rimbaud che bravi ci sono nati.”
La scrittura non si insegna
Vanni Santoni
minimum fax (filigrana)
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