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Tag: scrittura creativa

Su Amélie Nothomb

Su Amélie Nothomb. Ho conosciuto la signora Nothomb un paio di anni fa, attraverso la lettura de “Le catilinarie”. Una folgorazione. Poi la lettura va così, ci si distrae, altri autori prendono il sopravvento, altri titoli stuzzicano l’interesse. Qualche mese fa, anche grazie alla scoperta del meraviglioso mondo delle biblioteche [lo so, usufruire per la prima volta di una biblioteca a trent’anni è un po’ una bestemmia, ma prendetemi così come sono, sconnessa], ho fagocitato quasi tutta la produzione letteraria di quest’autrice che parla il franponese. Mi mancano ancora tre titoli, [Ritorno a Pompei, Cosmetica del nemico e Attentato, senza tenere conto del nuovo lavoro di prossima uscita “Il viaggio d’inverno”], ma voglio comunque tirare le somme di questo viaggio nel paese Nothomb. Mi girano dentro le stesse considerazioni iniziali, quelle scaturite dalla lettura de “Le catilinarie”. E l’idea che ho è quella di un’estremista del linguaggio, una situazionista della letteratura. I suoi romanzi fanno la loro apparizione, favole moderne, toccano terra, toccano il lettore, toccano me, ed esplodono. Mi restano nella testa parole ricorrenti che sono qualcosa d’altro, sono concetti. La voluttà, il piacere, la fame, la morte, l’adolescenza. E mi restano appiccicate dentro immagini ben definite. Amélie bambina davanti all’oscenità delle bocche voraci delle carpe e quel desiderio, totalizzante, di non farlo mai più, di non dover mai più dargli del cibo per non assistere di nuovo ad una simile scena. Blanche costretta [?] ad osservarsi nello specchio mentre esegue quegli esercizi che le aveva consigliato[imposto] [Anti]Christa. L’insonnia di Emile. CKZ 114 che pronuncia il suo nome: “Pannonique”. Gli occhi di Plectrude. Amélie adolescente caparbiamente ancorata al divano, e ai libri. La signora Nothomb [mi viene da chiamarla così, non so perché] mi da l’idea di una  speleologa che si cala, legata ben salda alla sua corda, nell’animo umano, alla ricerca di qualcosa. E per la sua ricerca si arma di storie semplici [apparentemente] e personaggi estremi. Trame lineari, favole, con dentro tutta la complessità umana. Ecco, speleologa della complessità umana che ci viene restituita con ironia, precisione chirurgica e molta dolcezza. Si possono non apprezzare i suoi libri, ché si sa, la letteratura è questione di gusti, e sui gusti non si discute. Ma non si può certo dire che la signora Nothomb non sa fare il suo mestiere. Linguaggio e struttura concorrono a creare piccole perle lucide e schiette che vanno a piazzarsi lì, nella pancia e nella testa del lettore, nel bene e nel male, a suscitare reazioni. Reazioni calde, fredde, positive, negative. E lo fa con un lavoro importante fatto di parole, mai scritte senza un perché. Il risultato si concretizza nello sguardo di bambina traghettato a noi con un linguaggio strabiliante in “Metafisica dei tubi”, nel parossismo crescente de “Le catilinarie” e di “Antichrista”, nell’igiene di Pretextat Tach, nell’amore profondo in Diario di Rondine, nei due, meravigliosi, finali di Mercurio, e nell’allucinazione, disarmante, di Acido Solforico. Ho incontrato, insomma, un’autrice che mi scuote e di cui riconosco la creatività. Una scrittrice capace di farmi ridere, piangere, fermare, tremare, pensare. Un’autrice che sa guardare le cose da un punto di vista apparentemente semplice ma che invece semplice non è. Un punto di vista obliquo, anomalo, diverso. Per adesso, fin qui, questo. Lascio sedimentare i pensieri adesso, in attesa di leggere gli ultimi titoli che mi restano. per saperne di più sulla signora Nothomb www.amelienothomb.com

(non) recensione di Tra un atto e l'altro di Virginia Woolf
(non) recensioni di libri

Tra un atto e l’altro – Virginia Woolf – (non) recensione

Tra un atto e l’altro – Virginia Woolf – (non) recensione Ci sono miliardi di cose da dire su questo [ultimo] romanzo di Virginia Woolf, ma non riesco a fissarne neanche una.Da leggere, e rileggere, credo, per capirne a fondo ogni immagine, ogni parola. 
Parole mai messe, lì dove sono, per caso.La struttura è satura, ogni immagine è data e ripresa. 
I personaggi sono presenti altrove, nei loro pensieri, nella loro mente, nei voli pindarici, nei dubbi, nelle domande, nelle frustrazioni. 
I passaggi di coralità sono stupefacenti, resi sulla carta con discorsi frammentati, frasi che non iniziano e non finiscono a creare un brusio di sottofondo perfetto.Meravigliose, tra tutti i personaggi, Lucy Swithin, la sua croce e il suo libro con i mammuth, e Miss La Trobe, oscillante tra trionfo e fallimento, che alla fine della rappresentazione pensa già alla prossima opera, ne vede già le prime parole.Le pagine si susseguono una dopo l’altra senza interruzione a dispetto del titolo e della trama. C’è l’attesa della guerra, c’è lo sdoppiamento dei personaggi tra desiderio e realtà, tra passato e presente. 
Sono rimasta affascinata dalla struttura, da come l’autrice tiene in pugno il materiale narrativo, da come nessuna parola sia di troppo, inutile o sacrificabile. Dalla resa dei suoni, dei colori e degli odori di una natura che è anch’essa personaggio che agisce e interagisce con gli altri.È un libro che ti rimane addosso, che mi fa dire delle cose, nessuna, molto probabilmente, né importante né sufficiente.Da rileggere. “Tra un atto e l’altro”Virginia WoolfGuandaed. del 2009 (mercoledì 10 2010 dal blogspot)

Sto leggendo

Sto leggendo Middlemarch perché ho letto Virginia Woolf che parlava di George Elliot. Sto leggendo “Lezioni Americane” di Calvino. Era l’ora. Sto leggendo “Voglio guardare”, ché un amico mi ha detto che lo dovevo fare per forza, ché un libro così va letto, e punto. Middlemarch son 800 pagine e passa, me lo tiro dietro da gennaio. È un kolossal, dovessero farne un film costerebbe più di Titanic. La Elliot è brava, ti offre questa carrellata di personaggi apparentemente semplici ma in realtà rappresentativi di tanti e vari caratteri umani. Incuriosita da altri libri lo sto trascurando. Calvino. Beh. A suo tempo ci sarà bisogno di parlarne assai, di queste illuminanti lezioni americane. Sentire uno scrittore che parla del suo mestiere è sempre uno sporco piacere. Voglio guardare. Ho letto solo due pagine per adesso. Ha un suono strano. Olè. (lunedì 8 marzo 2010 dal blogspot)

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