Senza titolo di viaggio – storie e canzoni dal margine dei generi di Filo Sottile è il testo che mi ha traghettata dalla coda del 2021 alla testa del 2022. Ho voglia di prenderlo come un segno, un segno buono. Uno quei segni simbolici di cui a volte si sente il bisogno. Di cui a volte sento il bisogno.
Sto lavorando ad un nuovo romanzo, spero di arrivare a scriverne la parola fine, e di poter menzionare questo libro e la sua autrice tra ringraziamenti e bibliografia perché tocca delle parole, a partire da quel margine nel titolo, e parla di luoghi che sono relazioni in cui e con cui frantumare le norme, su cui sto costruendo la mia storia.
Ecco perché ho voglia di prendere come un segno buona la lettura di questo testo a cavallo tra questi due anni.
Detto ciò. Scrive Filo Sottile sul suo blog:
“Senza titolo di viaggio è un libro molto politico nelle intenzioni, ma che mi è uscito anche molto intimo. Ho aperto, tra le altre, un bel po’ di porte della mia storia. Di nuovo colpa dell’urgenza.”
Ho sempre guardato all’urgenza come ad un elemento necessario, imprescindibile per la scrittura. Per la buona scrittura. Quella di Filo Sottile, di urgenza, percorre tutta la totalità del suo testo, a volte come un sottofondo quasi irriconoscibile, a volte come una scarica.
Una scarica di nocchini, per la precisione.
Urgenza di dire e urgenza di dirsi. Fuse, separate, sovrapposte, intercambiabili.
Urgenze gemelle.
Senza titolo di viaggio è un testo ibrido, suddiviso in tre atti, che racconta, ricorda, sottolinea, ribadisce, ripercorre, informa.
E interroga, ma senza fare domande, solo con il potentissimo strumento della narrazione che nasce da quelle due urgenze gemelle. La narrazione autobiografica, personale, che riesce ad essere parola condivisa, collettiva.
Si potrebbe ascoltarlo, quest’ibrido, sedute su qualche scomoda poltroncina di legno di qualche piccolo fumoso teatro, in una dimensione sì intima ma anche, effettivamente, estremamente politica.
Insomma, per dire, ci sono anche le streghe.
Parte con una citazione, sceglie Virginia Woolf, sceglie Una stanza tutta per sé.
“In ogni caso, quando un tema è tristemente contraddittorio – e ogni questione di sesso lo è – non si può sperare di dire la verità. Si può solo dimostrare come si è arrivati a possedere l’opinione che se ne ha, qualsiasi essa sia. Si può solo dare ai propri ascoltatori l’occasione di costruire le proprie conclusioni mentre osservano i limiti, i pregiudizi, le idiosincrasie dell’oratore. La narrativa qui contiene più verità che fatti.”
E poi è la narrazione di un viaggio, un viaggio che è una lotta che è un’intersezione di lotte. La narrazione di un movimento in avanti, per arrivare al di là della vita così com’è. Un movimento inevitabilmente solitario ma necessariamente collettivo, in avanti dal basso, di liberazione, di rottura, rilettura, autogestione e autodifesa. Un movimento in avanti di riappropriazione e rivendicazione. Rivendicazione di sé e del diritto ad esistere. Rivendicazione di sé e del diritto alla conservazione di sé*.
Un movimento in avanti in eterno movimento, che scorre, testardo. Dal margine al centro, dal centro al margine. E via così. Un movimento che è costruzione di visioni, di alternative, di possibilità di immaginare ed immaginarsi, di potersi narrare e non farsi narrare. Nominare. Io sono.
Senza titolo di viaggio è il racconto di un percorso, personale e politico, le urgenze gemelle, ancora in divenire e di questo percorso in un paese immerso nella melma e boccheggiante, che arranca ma che non smette di vigilare, impedire, sindacare, vietare, medicalizzare, ostacolare, ingabbiare, soffocare, normalizzare. Uccidere.
E di un movimento in avanti dal basso.
“Ogni volta che accettiamo di inquadrare il mondo attraverso il monocolo miope offerto dal dominio eterocispatriarcale, anche quando siamo alla ricerca di una strategia per farci spazio, per prenderci il tempo, per vivere interamente le nostre vite, il campo si restringe. Inquadriamo una realtà misera e parziale e di conseguenza soluzioni dal fiato corto.”
Un movimento inevitabile e necessario.
Quindi.
“Quand’è che diamo fuoco alle galere?”
Senza titolo di viaggio
Filo Sottile
Alegre – Collana Quinto Tipo, 2021
pp. 384
* Ve lo ridico, leggetevi Difendersi di Elsa Dorlin. Qui una citazione.