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Si vede. Si guarda.

Si vede. Si guarda. Vede come fa scivolare via i giorni rifiutandosi di dargli un senso, una prospettiva. Li lascia andare senza una traiettoria. Li accumula in un passato che si riverserà in un non luogo.
Si guarda, mentre resiste alla quotidianità, mentre compie gesti automatici che sa essere funzionali ad un’aderenza alle cose appresa, automatica ed automatizzata.

Si vede. Si guarda.

Vede come attraversa i minuti senza pensarli, o pesarli in relazione alle ore. Vede come attraversa il tempo senza sapere come guardarlo, usarlo, sezionarlo. Assimilarlo.

Ci passa attraverso, ad occhi chiusi. E non le resta niente addosso, tra i capelli, sulle dita.
Lo attraversa.
Si vede. Si guarda.
Capisce che inizia a non riconoscermi, sospesa in superficie.
Sulla superficie di questo tempo che si ripete senza proiezioni, senza aspettative.
Senza immaginazione.
Ecco.
Si vede. Si guarda. In assenza di immaginazione, vede come attraversa il tempo senza corpo, consistenza. Senza peso, desideri.
E il pensiero immobile, che non si proietta oltre l’ostacolo.
Vede, le parole galleggiare. Sparpagliate, senza uno schema.
Parole in assenza di immagini come corpi in assenza di gravità.
Fa scivolare i giorni, ci passa attraverso. In assenza di architetture plausibili. In assenza di prospettive calcolabili. Verificabili. Immaginabili.
Si vede. Si guarda.
Ma non si parlo.
In assenza di dialogo, senza corpo e consistenza procede in avanti.
Aggrappata all’istinto.


Altro in notes

La mia scrittura in lockdown.
Dovrei in questo strano momento.

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