Sarà il caldo, sarà la stanchezza. Non riesco molto a concludere in questo periodo. È un mese che non leggo, fatta eccezione per la rilettura dell’ultimo e del terzo volume della saga di Harry Potter, che è come andare in vacanza.
Però ho in testa un progetto, che più che è un progetto è un desiderio, che più che un desiderio è la voglia di.
Abbandono temporaneamente la forma romanzo. Torno al mio primo grande amore. I racconti. Non più come pausa quindi, come allenamento, ma come impegno tra me e me.
Sto lavorando ad una cosa. Ci sto perdendo litri di sudore. Ce l’ho addosso, non mi da tregua. Ed è bellissimo, stendere la prima versione, prendere le misure, e poi le distanze. E poi tornarci, spostare, limare, chiudere gli occhi e cercare di sentirne l’odore. Mettere un punto lì dove sembra colpire di più. Alzarsi, guardarlo da lontano, accendersi una sigaretta, camminare, pensare, alla parola, quella parola e non un’altra. Domandarsi se sto dicendo esattamente quello che voglio dire. Seconda versione, terza versione, andare avanti, tornare indietro. Smembrare, rimontare. Costruire nella mente immagini da ricostruire sul foglio con le parole. Seguire il filo, filare la trama, il tempo narrativo. Adesso e non dopo. Questo e non quello. Scegliere. Scolpire. Tagliare. Annodare. Riprendere a filare.
Il tempo che mi scivola addosso, mentre io faccio l’unica cosa al mondo che desidero realmente fare.