Il testo su cui lavoro da un anno. E se l’avessi perso?
Ché il problema, qui, è centrare il bersaglio. Ad ogni frase, ad ogni parola. Ad ogni virgola, punto e pausa. Qui è questione di ritmo, e suono, e musica. E significato. Contenere. Calibrare. Mantenere. Dosare. C’è da tenere il culo incollato alla sedia, come direbbe un amico mio. C’è da sudare, e vomitare. E camminare, fumare. Ancora camminare, ancora fumare. Ma il filo s’è sfatto. S’è sdrucito su quell’unico tassello. Su quell’unico passaggio. E quelle frasi, quelle frasi che dovrebbero legarsi in quel modo lì, che è uno solo, non ce n’è un altro, stanno un passo al di là della mia capacità di pensarle. E scriverle. Mi sfuggono. Sono sfatte. Sfracellate. Scomposte. Quello che devo dire. C’è un modo solo in cui posso dirlo. E non lo trovo. Non so nemmeno se c’è. Se è tutto da buttare. Tutto da mischiare, di nuovo. Cancellare e ricominciare. Ma mi viene il vomito. Contenere. Calibrare. Mantenere. Dosare. Sentire. L’equilibrio che colpisce la bocca dello stomaco. Il salto mortale. Le viscere che s’annodano e si rilasciano. Quell’insieme di parole. Quell’appoggio per lo slancio. Vomito.