Mi sono tuffata in “Se fossi fuoco, arderei Firenze” e ne sono riemersa con un sorriso.
Vanni Santoni s’è messo una telecamera in spalla e m’ha detto ‘Oh giù, ‘ndiamo’. E seguendo ora questo personaggio, ora quest’altro, ora quest’altro ancora e così via, una storia per ogni personaggio, uno squarcio breve per ognuno, ogni personaggio collegato in un modo o nell’altro agli altri, ché si sa Firenze gl’é un buco e ci si conosce tutti, m’ha portato in giro per la mia Firenze.
E non mi son lasciata convincere facilmente. Perché Firenze, appunto, è la mia Firenze. Non ci vivo più da nove anni, e chissà quando chissà come c’ho litigato. C’ho litigato perché s’è trasformata e non la riconosco più. Ci sono nata e cresciuta e lei adesso mi respinge, quando la guardo e provo a ricucire lei mi dice ‘non sono più la Firenze di quando ci siamo conosciute’. E allora l’amo, certo che l’amo, ma come s’ama l’idea di qualcuno che non è più come quando ci si abbracciava, ci si guardava e ci si diceva non ci lasceremo mai. La guardo e non la riconosco, ché c’hanno portato via tutto, un pezzettino alla volta. E di mettermi in posa nella cartolina tridimensionale luccicante per turisti di voglia ce n’ho poca.
Ma tanto ha fatto tanto ha voluto, Vanni Santoni, che m’ha convinto a seguirlo, a seguire i suoi personaggi, a seguire le sue storie, con sullo sfondo e in primo piano la città.
E un pezzettino alla volta me l’ha restituita.
Un pezzettino alla volta, un personaggio alla volta, una storia, una strada, una piazza alla volta, un angolo che chissà come avevo dimenticato e invece eccolo, ben impresso nella memoria. E l’ha risvegliata, la memoria addormentata, e mi sono ricordata che sono comunque figlia di quei palazzi, e pietre e statue e ponti. E i pub, le case occupate e i centri sociali. I giardini e i vicoli. I vinaini e i trippai.
Una pagina alla volta mi sono ripresa Santa Croce, via Torta e Borgo Pinti. Mi sono rimessa in tasca gli Uffizi, Ponte Vecchio e Ponte Santa Trinita. Santo Spirito e Piazza del Carmine. San Niccolò e il Piazzale Michelangelo.
E tutti gli angoli nascosti, quant’è vero che spesso e volentieri s’allunga la strada pur di passare in un luogo preciso, quello e nessun altro.
M’ha accompagnato e m’ha parlato in una lingua bella, una lingua che riconosco. Parole risciacquate in Arno. Parole familiari.
E io mi sono ripresa tutti i passi che ho fatto, e le albe rosa rarefatte e silenziose in cui m’immergevo di ritorno da chissà dove, ma sicuramente con un po’ d’alcol da smaltire. Con quell’eterna voglia d’andare e di restare.
E con Firenze mi sa che la pace non ce la farò mai. Però mi son ripresa quello che era mio. E tanto basta, finché dura.
Se fossi fuoco, arderei Firenze
Vanni Santoni
pp. 158
Laterza
2011
Vi capisco anch’io, sono dovuta andare via da quattro anni e quando ci torno non capisco niente, non conosco nessuno. Le strade sono piene di colori strani, gente strana e cibi strani che puzzano dappertutto. Non ci sono più i miei negozietti preferiti o i colleghi di gioco con i quali facevo tardi per la strada. C’è qualcosa che non va a Firenze, alla mia firenze, alla vostra Firenze.
Carlotta
…come ti capisco!!! la Firenze della mia gita scolastica di 3 liceo non è più lei, mio marito che è fiorentino -come te- non la riconosce… è diventata una giostra turistica tutta mac donald e pizza al trancio, un museo all’aperto trattato male come tutti i musei italiani!
salut
ez
giostra turistica rende l’idea, sì …