“Baby Sue mi ha dato una ciocca dei suoi capelli. Mi ha detto: ‘Lanciala nell’acqua. Lì in quell’oceano tetro come la notte sono state gettate mia sorella e mia madre. Non so come sono sopravvissuta e vederle soffrire sotto il peso di quegli uomini orribili. Non è umano vedere la propria madre o la propria sorella umiliati in quel modo. Non le ho viste morire. I loro corpi sono stati riempiti dall’abito di troppi uomini, e dopo che si sono divertiti abbastanza le hanno gettate agli squali. Sono morte sotto il peso di quelle bestie, ma io so che sono lì. In quel mare hanno creato un’altra vita. Ogni tanto le vedo in sogno. Preparano la manioca e ballano, come facevano al villaggio. Nell’oceano ci sono tante donne, tanti uomini. Il loro corpo si è trasformato, non hanno più mani ma squame. Solo nel ballo rivedo in loro persone di un tempo. Sono diventati pesci con i capelli ricci e ribelli. Ma non sanno che fine hanno fatto i loro cari. Non sanno che l’America è stata peggio di quella nave. A volte vedo nel sogno un’ombra di preoccupazione sui loro volti, e so che pensano a noi. Se puoi, Lafanu, getta a mia madre e mia sorella questa ciocca dei miei capelli. Sussurra alle loro orecchie che la Dea si è presa cura di noi, di me, anche di te, di tutte.”
Baby Sue non fu l’unica a chiedere a Lafanu di lanciare ciocche di capelli nell’Oceano Atlantico. Molte persone, anche delle contee vicine, avevano saputo del sui viaggio e l’avevano pregata di far sapere agli antenati “che stiamo bene. Che lottiamo”.
La linea del colore
Igiaba Scego
Bompiani
pp. 384