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della vita che fa come le pare

Ho visto per la prima volta Barcellona nel gennaio del 2003.
Avevo 25 anni, avevo bisogno di allontanarmi dall’Italia. Dalla mia vita. Da un insieme di sentimenti. Da uno stato d’animo tossico da cui rischiavo di non uscire.
Sapevo tutto della Guerra Civile del 1936. Barcellona era il mio sogno. Il castellano una lingua conosciuta, il catalano una lingua da scoprire.
Ci sono stata un mese. Barcellona è diventata la parola casa. D’istinto. La parola casa pronunciata in modo diverso. Le strade, i colori, gli odori. I corpi delle persone, il loro modo di occupare lo spazio, il modo di condividere, compartir, una delle parole in castellano che preferisco. Il senso profondo e forse un po’ banale del sentirsi nel posto giusto nel momento giusto.
Sono tornata in Italia per sistemare quello che avevo lasciato in sospeso così da poter tornare a casa.

Niente, capita. La vita fa come le pare, e sono rimasta in Italia.

Non sono più voluta neanche passare da Barcelona. Non ci sono tornata per sedici anni.

Niente, capita. La vita fa come le pare e a luglio decidiamo di regalare ad un’amica  un viaggio a Barcellona. Attraverso un momento di grandi cambiamenti, di mutamento. Mi faceva sorridere l’idea di tornare a casa in un momento così, diverso ma simile a quello del 2003.

Ho deciso di tornare.

E dato che la vita fa come le pare prenotiamo la partenza per il 17 ottobre. Tre giorni dopo la sentenza del processo agli indipendentisti.

Adoro la vita quando fa così.

Adoro la vita quando mi fa tornare a Barcelona per vedere la sua gente in strada a difendere la loro libertà. E forse un po’ anche la nostra.

Ma non è un post di analisi politica questo.

Ho trovato una Barcellona cambiata.

Ma non è un post sulla gentrificazione e le sue terribili conseguenze questo.

Quando sono uscita dalle porte di El Prat mi sono sentita come se stessi per incontrare il grande amore della mia vita dopo anni di distanza e separazione. Ho camminato per le strade di una città che ho riconosciuto all’istante. Ho camminato per le strade di una città che avrebbe potuto essere la mia città. Ho camminato in quella che avrebbe potuto essere l’altra mia vita. Ho parlato una lingua che mi scivola sulla lingua. Ho ritrovato il senso dell’orientamento attraverso il Raval, il Barri Gòtic, la Gràcia.
Ho pianto, lo confesso. Con una mezcla di nostalgia e gioia difficili da slegare l’una dall’altra.
I suoi marciapiedi, i palazzi, i suoi lampioni.
Quel colore, quel colore per strada la notte che è solo suo.

Barcellona mi toglie i dubbi, Barcellona mi fa sentire sicura. Mi alleggerisce, mi solleva. Mi proietta nell’istante successivo senza strappi. Barcellona mi fa sorridere, e ridere.
Barcellona, in un senso profondo e forse un po’ banale, mi fa sentire felice.

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