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vorrei

vorrei dilatare questa forza all’infinito e pensare fino ad averne certezza che domani non sparirà

Come un corpo che sparisce e lascia i vestiti accasciati a terra.

Questo. La fitta di dolore che mi toglie il fiato. Lo schiaffo ripetuto, quando meno me lo aspetto, che mi fa lacrimare. La sensazione che mi stacca da me, che fa saltare in aria la stabilità. Che mi fa morire di paura. Che mi impedisce il movimento, il pensiero, il semplice ragionamento quotidiano. Questo. Come un corpo che sparisce e lascia i vestiti accasciati a terra. Da qualche parte, ad un certo punto, devo aver commesso un errore. L’errore. Lo sbaglio.

Lezioni americane – Italo Calvino – (non) recensione

Lezioni americane – Italo Calvino – (non) recensione Leggere “Lezioni Americane. Sei proposte per il prossimo millennio” di Italo Calvino mi ha fatto sentire una stupida. Per capirlo, questo libro, capirlo davvero, dovrei avere una conoscenza più vasta dell’opera di Calvino, di tutta quanta la letteratura mondiale, tutta quanta la filosofia e una notevole destrezza tra i meandri della scienza. È un libro pieno, che affascina, che mette in moto il cervello. È un libro onesto, che non impone e non insegna, ma propone, getta i semi, condivide, analizza. Dalle pagine emerge lo scrittore e l’uomo, con le sue oscillazioni, i suoi dubbi, le sue dicotomie. La sua idea di letteratura come mezzo per la conoscenza, il suo rapporto con le molteplici ramificazioni dell’esistente. L’inafferabbilità dell’universo e il suo fascino irresistibile, il binomio indissolubile tra precisione geometrico/matematica e volo pindarico del mondo fantastico, immaginifico. Nel giugno del 1984 la Harvard University invita ufficialmente Italo Calvino a tenere un ciclo di conferenze per l’anno accademico 1985/86. Calvino si propone di esporre sei “memos”, sei promemoria sulla letteratura. “La mia fiducia nel futuro della letteratura consiste nel sapere che ci sono cose che solo la letteratura può dare coi sui mezzi specifici. Vorrei dunque dedicare queste mie conferenze ad alcuni valori o qualità o specificità della letteratura che mi stanno molto a cuore, cercando di situarle nella prospettiva del nuovo millennio.” Il risultato di questo intento, l’ennesima sfida che Calvino prova a superare, è un libro che è un viaggio, un intreccio di considerazioni, valori, domande, risposte, citazioni e collegamenti. E ci troviamo dunque alle prese con la Leggerezza, la Rapidità, l’Esattezza, la Visibilità e la Molteplicità. Assente la sesta proposta, Consistency. Il 6 settembre del 1985 Calvino viene colpito da Ictus. Muore la notte fra il 18 e il 19 dello stesso mese. Nella mia grande, abissale ignoranza, che mi ha fatto girare per casa mugolando “sono stupida, non capisco” come un mantra esorcizzante, alla fine della lettura, questo libro me lo sono vissuto così … Nella lezione sull’Esattezza, si legge: “Alle volte mi sembra che un’epidemia pestilenziale abbia colpito l’umanità nella facoltà che più la caratterizza, cioè l’uso della parola, una peste del linguaggio che si manifesta come perdita di forza conoscitiva e di immediatezza, come automatismo che tende a livellare l’espressione sulle formule più generiche, anonime, astratte, a diluire i significati, a smussare le punte espressive, a spegnere ogni scintilla che sprizzi dallo scontro delle parole con nuove circostanze.” Siamo dunque alla soglia del nuovo millennio (questo millennio, per intenderci, credo sia bene non dimenticarlo quando si legge questo libro. Calvino, queste proposte, le scrive per questo, nostro, 2000) e siamo in pericolo. E’ in pericolo il linguaggio, e senza linguaggio non c’è letteratura. Dunque, Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità e Molteplicità sono quei valori da tenere in considerazione per salvare il linguaggio, per salvaguardare la letteratura. Solo quando sono giunta alla fine ho avuto la sensazione che la Leggerezza fosse la colonna portante delle proposte calviniane. Leggerezza intesa come “un alleggerimento del linguaggio per cui i significati vengono convogliati su un tessuto verbale come senza peso, fino ad assumere la stessa rarefatta consistenza”,  come “la narrazione d’un ragionamento o d’un processo psicologico in cui agiscono elementi sottili e impercettibili, o qualunque descrizione che comporti un alto grado di astrazione”  oppure come “un immagine figurale di leggerezza che assume un valore emblematico”. Questo, il passaggio che più mi ha dato il respiro ampio della leggerezza: “Nei momenti in cui il regno dell’uomo mi sembra condannato alla pesantezza, penso che dovrei volare come Perseo in un altro spazio. Non sto parlando di fughe nel sogno o nell’irrazionale. Voglio dire che devo cambiare il mio approccio, devo guardare il mondo con un’altra ottica, un’altra logica, altri metodi di conoscenza e di verifica. Le immagini di leggerezza che io cerco non devono lasciarsi dissolvere come sogni dalla realtà del presente e del futuro … “ Stare sopra, in alto, guardare il mondo da un’altra prospettiva, come Perseo che sconfigge Medusa senza guardarla direttamente ma fissandone l’immagine riflessa nello scudo. Perseo che non abbandona la testa di Medusa, ma la porta con sé. Perché guardare le cose di riflesso, guardare il mondo in modo obliquo, non significa non sapere quanto il mondo sia strano e complesso. Anzi. Partendo da questo concetto di leggerezza si procede nella lettura e si  scopre che, in letteratura, è essenziale essere rapidi, quindi agili, mobili, a proprio agio con il materiale narrativo per districarsi all’interno del tempo narrativo. Rapidità intesa, anche, come una velocità che è mentale, che si riflette nella scrittura in immediatezza, in pulizia espositiva, in capacità di seguire innumerevoli voli pindarici senza mai perdere la direzione. Cambiandola, questa direzione, dilatando e comprimendo il tempo narrativo senza sobbalzi ritmici, plasmando la scrittura per poterci inserire tutto il possibile. Il sapersi interrompere e il saper riprendere, il saper passare senza intoppi da un’immagine all’altra in un’economia del testo che è perfetta armonia di ritmo e concetti esposti. Stupenda la parte in cui Calvino individua il mestiere scrittura: “Mercurio e Vulcano rappresentano le due funzioni vitali inseparabili e complementari: Mercurio la sintonia, ossia la partecipazione al mondo intorno a noi; Vulcano la focalità, ossia la concentrazione costruttiva”. E più avanti, ancora più approfondito: “La concentrazione e la craftsmanship di Vulcano sono le condizioni necessarie per le scrivere le avventure e le metamorfosi di Mercurio. La mobilità e la sveltezza di Mercurio sono le condizioni necessarie perché le fatiche interminabili di Vulcano diventino portatrici di significato […]. Il lavoro dello scrittore deve tenere conto di tempi diversi: il tempo di Mercurio e il tempo di Vulcano, un messaggio di immediatezza ottenuto a forza di aggiustamenti pazienti e meticolosi; un’intuizione istantanea che appena formulata assume la definitività di ciò che non poteva essere altrimenti: ma anche il tempo che scorre senza altro intento che lasciare che i sentimenti e i pensieri si sedimentino, maturino, si distacchino da ogni impazienza e da ogni contingenza effimera.” La necessità di lasciarci colpire dal

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