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Il tarlo ippopotamo – XII

E siamo a dodici.

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Olè!

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XII

Non mi era mai capitato prima di passare dal sonno profondo allo stato di veglia lucida e cosciente, senza attraversare le fasi intermedie.
Il mattino seguente non mi sono svegliato, il mattino seguente ero sveglio.
Tarlo Ippopotamo invece dormiva ancora, raggomitolato ai piedi del letto. Mi sono alzato lentamente, lentamente sono passato attraverso le stanze della mia casa per arrivare in cucina, gli eventi della notte appena trascorsa mescolati alle ombre rarefatte dall’avanzare della luce del mattino.
Non ero stanco, non ero preoccupato. Non mi facevo domande.
Ero sveglio, tranquillo e lucido. Tutto era al posto giusto. Ho messo su il caffè e mi sono seduto ad aspettare il brontolio della caffettiera seduto sulla stessa sedia su cui la sera prima avevo atteso di agire.
E avevo agito, avevo attaccato. E tutto era andato esattamente come aveva previsto Tarlo Ippopotamo. Non esitare, esaurisci il gesto e tutto filerà liscio. Così aveva detto, così era andata. Quando mi sono alzato per spegnere il gas era fermo sulla porta, mi osservava, compiaciuto, con un sorriso beffardo che gli increspava il muso paffuto. Stavamo pensando la stessa cosa. Ho preso un ciocco di legno dalla cassetta vicino alla finestra, la sua piccola coda che sbatteva frenetica sul pavimento. Si è alzato sulle zampone posteriori e ha preso il tronchetto fra i denti per poi andarsene a sgranocchiarlo soddisfatto sotto il tavolo. Gnac, gnac, gnac mentre io, finito il caffè e fresco di doccia mi sentivo pronto ad affrontare un’altra, normalissima giornata. Ho fatto una calda carezza a Tarlo Ippopotamo e sono uscito.
Davanti al bar del centro ero pronto al mio mattutino saluto alla signora Marisa. Sul momento non sono stato capace di dissimulare un certo sconcerto quando voltando lo sguardo, il braccio già in volo, mi sono reso conto che mi apprestavo a salutare una porta vuota. Mi sono ricomposto immediatamente, guardandomi intorno con una piccola punta involontaria di ansia. Tarlo Ippopotamo era stato fin troppo chiaro. Mai come adesso dovevo mantenere un profilo basso, e a suo dire non avrei dovuto avere molte difficoltà. Sono passato oltre concedendomi solo una sbirciatina con la coda dell’occhio. Ho visto la signora Marisa parlare animatamente con alcuni avventori. L’involontaria punta di ansia diede un’altro colpo, mischiandosi con un po’ di curiosità per quella discussione concitata che avevo solo intravisto, ma ho lasciato scivolare via entrambe, l’ansia e la curiosità, e una volta seduto alla mia scrivania, accomodato nei miei conti, mi sono definitivamente dimenticato dell’accaduto.
Alla sera, rientrato in casa, ho trovato Tarlo Ippopotamo affacciato alla porta a vetri. Stavamo di nuovo seguendo lo stesso pensiero. Avevamo deciso di aspettare la riparazione di tutti e cinque i lampioni che avevamo frantumato quella notte prima di agire di nuovo. Non sapevamo quanto tempo ci sarebbe voluto. Fino ad allora avremmo dovuto sopportare quel maledetto bagliore arancione.

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aggiornamento 11 luglio

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