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Tag: citazione

Maurizio Torchio [cit. Cattivi]

Ho paura. Mi vergogno a dirlo. Non lo dicessi, però, mi vergognerei di più. Ho paura perché ho speranza. Perché, assurdamente, sento di avere ancora qualcosa da perdere. È vero che ho il fine pena mai, ma le leggi cambiano… E poi,esiste pur sempre la grazia. Ho detto: So che la mia vita è finita… Be’, non è vero. Nessuno ha più speranza di chi è rinchiuso da tanto tempo; se non ti uccidi, accumuli fiducia nel dopo. È inevitabile. Come una grotta interna, dove cola speranza, Una riserva segreta. Non piove, perché non è in contatto col mondo. Ma neanche il sole, o il vento, possono seccare quel poco che, lentamente, si accumula. Stilla. Una goccia all’ora. Migliaia di litri in decine di anni. Un lago senza cielo, ma pieno di speranza. Mi vergogno più della speranza che della paura. Quando dieci anni fa ho smesso di fumare le guardie mi prendevano in giro. Cosa ti allunghi la vita a fare, mi dicevano. Io ho risposto: Smetto perché non voglio più aver bisogno dei soldi per le sigarette. Non voglio, un giorno, dovermi vendere per quello. E loro mi hanno creduto, rispettato. Non mi hanno più preso in giro. Mentre avrebbero fatto meglio a continuare, perché la verità è che ho smesso di fumare per vivere di più. Chi dice che in carcere si sta come in albergo sbaglia, perché niente come un albergo prosciuga la speranza. Fuori c’è un sacco di gente che dopo i cinquant’anni si ammazza, perché ha capito che il mondo non si aspetta più niente da loro. Tolto l’eredità, forse. Qui invece col fine pena a sessant’anni pensi di avere ancora tutto da fare. Di poter diventare astronauta, ballerino, imprenditore. Perché dietro hai poco. Come se le cose della vita stessero in un sacco, dove non puoi vedere, ma senti che pesa e comunque, se hai tirato fuori così poco, qualcosa dev’esserci rimasto. Maurizio Torchio Cattivi Einaudi

Virginia Woolf [cit. da La Crociera]

«Spesso ho camminato lungo strade dove la gente vive in fila, e le case sono tutte uguali, e mi sono chiesto che diamine facessero le donne lì dentro», disse. «Ci pensi un attimo: siamo all’inizio del ventesimo secolo, e fino a qualche anno fa le donne non erano mai uscite da sole e non parlavano mai. Per migliaia e migliaia di anni questa curiosa vita di silenzio si è svolta sullo sfondo, senza che la vedessimo mai rappresentata. È ovvio che scriviamo sempre di donne: per insultarle, per deriderle, o per adorarle; ma mai che siano le donne stesse a scrivere. Io credo che ancora non sappiamo come vivono o che cosa pensano, o che cosa fanno con esattezza. Se si è uomini, le uniche confidenze che riceviamo dalle signorine riguardano le loro storie d’amore. Ma la storia delle donne di quarant’anni, delle donne che non si sono sposate, delle donne che lavorano, delle donne che hanno un negozio e tirano su i propri figli, delle donne come le sue zie o la signora Thornbury o la signorina Allan… non si sa niente di loro. Non ve lo diranno mai. Forse hanno paura, o forse hanno un modo tutto loro di trattare gli uomini. È sempre il punto di vista degli uomini che viene rappresentato. Penso ai treni: quindici vagoni per gli uomini che vogliono fumare. Non le fa ribollire il sangue? Se fossi una donna, farei saltare le cervella a qualcuno. Non ride di noi? Non pensa che sia tutta una gran montatura? Lei… insomma che effetto le fa tutto questo?» Virginia Woolf,  La Crociera (1915) altro sulla signora Woolf Buon compleanno La signora nello specchio Phyllis e Rosamund Possiedo la mia anima Tra un atto e l’altro

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