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Tag: Vomito

Il testo su cui lavoro da un anno. E se l’avessi perso?

Ché il problema, qui, è centrare il bersaglio. Ad ogni frase, ad ogni parola. Ad ogni virgola, punto e pausa. Qui è questione di ritmo, e suono, e musica. E significato. Contenere. Calibrare. Mantenere. Dosare. C’è da tenere il culo incollato alla sedia, come direbbe un amico mio. C’è da sudare, e vomitare. E camminare, fumare. Ancora camminare, ancora fumare. Ma il filo s’è sfatto. S’è sdrucito su quell’unico tassello. Su quell’unico passaggio. E quelle frasi, quelle frasi che dovrebbero legarsi in quel modo lì, che è uno solo, non ce n’è un altro, stanno un passo al di là della mia capacità di pensarle. E scriverle. Mi sfuggono. Sono sfatte. Sfracellate. Scomposte. Quello che devo dire. C’è un modo solo in cui posso dirlo. E non lo trovo. Non so nemmeno se c’è. Se è tutto da buttare. Tutto da mischiare, di nuovo. Cancellare e ricominciare. Ma mi viene il vomito. Contenere. Calibrare. Mantenere. Dosare. Sentire. L’equilibrio che colpisce la bocca dello stomaco. Il salto mortale. Le viscere che s’annodano e si rilasciano. Quell’insieme di parole. Quell’appoggio per lo slancio. Vomito.

Cazzarola

La vera verità è che mi guardo intorno e mi viene il vomito. E non ho voglia di parole che sanno di rancido. La vera verità è che in quello che scrivo c’è sempre un sentimento che si solleva, c’è sempre una ribellione, una rivalsa, una svolta. Ma se adesso mi guardo intorno, tutto mi rimanda il contrario di quello che ho sempre cercato, tutto quello che ho sempre voluto scovare, tutto quello che ho sempre sperato di veder accadere. Perché la vera verità è che scrivo di quello in cui credo, e adesso è tutto solo un vago sentire, e un destabilizzante senso di smarrimento. E di perdita. La vera verità è che mi cibo di rabbia, e anche la mia scrittura si ciba di rabbia. E io e la mia scrittura non sappiamo cosa farcene dell’avvilimento. Non so come si scrive partendo da uno stato d’animo avvilito. La vera verità è che alle parole ci tengo, e la sensazione che adesso valgano meno della carta da culo che intasa i cessi di questo mondo incancrenito mi lascia interdetta. E allora le mie, di parole, mi si seccano in bocca. La vera verità è che io osservo le persone, e poi nel mio immenso piccolo le racconto. E ho sempre raccontato della scintilla. Perché ho sempre pensato che tutti dentro ne hanno una pronta ad accendere la miccia. Corta o lunga, piccola o grande, una miccia porta sempre alla deflagrazione. E adesso? Adesso quando guardo le persone e non la vedo più. E allora, di cosa posso scrivere? Cosa rielaboro? Su che tipo di materiale narrativo mi metto a lavorare? Perché se quello di cui scrivo non esiste allora metto al mondo a favole. Ma io non partorisco favole. Io figlio storie. E ci stavo scrivendo un libro sulla scintilla, ci stavo scrivendo un libro sul sentimento che si solleva. Cazzarola.

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