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Virginia Woolf [cit. da “Voltando Pagina” a cura di Liliana Rampello]

[…] Nei romanzi, afferma, si dispiegano più intimamente e più pienamente che altrove i pensieri, le speranze e le vite delle donne nel secolo e nel paese che videro il loro più notevole sviluppo. Si potrebbe addirittura dire che non fosse per i romanzi del XIX secolo saremmo rimasti all’oscuro di questa parte della razza umana come lo furono i nostri antenati. Da secoli è cosa nota che le donne esistono, fanno figli, non hanno la barba e raramente diventano calve; ma a parte queste cose, e altre in cui si dice siano identiche agli uomini, sappiamo ben poco di loro e disponiamo di ben pochi dati sicuri su cui basare le nostre conclusioni. Inoltre raramente il nostro giudizio è spassionato. Prima del XIX secolo la letteratura presentava quasi esclusivamente la forma del soliloquio, non del dialogo. Il sesso ciarliero, contro l’opinione corrente, non è quello femminile, bensì quello maschile; in tutte le biblioteche del mondo si può sentire l’uomo che parla a se stesso e il più delle volte di se stesso. È vero che le donne sono fatte oggetto di molto arzigogolare e vengono spesso rappresentate; ma è ogni giorno più evidente che Lady Macbeth, Cordelia, Ofelia, Clarissa, Dora, Diana, Helen e tutte le altre non sono affatto quello che fanno finta di essere. Alcune sono chiaramente uomini travestiti; altre rappresentano quello che gli uomini vorrebbero essere, o sono consapevoli di non essere; o ancora incarnano lo scontento, la disperazione, che i più sentono quando riflettono sulla triste condizione della razza umana. […] Virginia Woolf “Men and Women”, Times Literary Supplement, 18 marzo 1920  

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