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Tag: libri

(non) recensioni di libri

Dettato – Sergio Peter – (non) recensione

Dettato è il primo titolo della collana romanzi della casa editrice Tunué, ed è anche, e soprattutto, il primo romanzo di Sergio Peter. Solitamente non inserisco questo genere di informazioni quando scrivo dei libri che leggo (e che mi sono piaciuti) ma in questo caso, non so, mi sembrano dettagli importanti. Primo titolo di una nuova collana, di una casa editrice specializzata in graphic novel e saggistica, primo romanzo. Già che ci sono. Altri due dettagli. Questo romanzo ha una grafica di copertina impeccabile ed è registrato sotto licenza Creative Commons. E quest’ultimo, di dettaglio, chi frequenta me e questo blog lo sa, fa guadagnare un sacco di punti all’autore e alla casa editrice. Detto questo. Dettato è un libro morbido, e gentile, che mi ha fatto commuovere e mi ha fatto sorridere. È un libro che sembra affidarsi completamente alla parola, al suo suono, al suo significato, a quel potere evocativo che apre mondi dopo mondi, aggrappandosi ad un’immagine dietro l’altra. Alla musica delle parole che formano frasi intercalate dalla giusta punteggiatura. Dettato è un libro intimo, un libro che parte dal sé dell’autore ma che è comunque riuscito ad essere anche mio. È una scrittura che sperimenta la possibilità di mescolare la prosa e la poesia per offrire a chi legge il suo personalissimo percorso di lettura, senza lacci, senza percorsi obbligati. Quasi senza una guida. Dettato non ha una trama riconoscibile, se non quella, forse fragile ma forse per questo efficace, costruita attraverso l’andare dei ricordi, il susseguirsi di personaggi e paesaggi. Dettato è casa, è famiglia, è origini. Le voci e i corpi, e i sentieri. Come frugare in una scatola piena di vecchie fotografie. L’abitato, in alto, si confonde col bosco; mi cade una rosa bianca in testa. Più in là di qualche passo parte il sentiero che porta a Madri, dove a certe case rurali diroccate hanno rubato le madonnine dalle nicchie sopra le porte. I gatti si sfidano sui tetti a prendere insetti; si fanno amici, per il latte, i pochi abitanti. Una stalla con numero civico 4 e la cassetta della posta arrugginita sta per crollare con davanti la vecchia rete di un letto di ferro. Le nonne che vedo sulle soglie delle case si nascondono subito per non mostrare le vestaglie scolorite. I vasi caduti per il vento, nelle corti dove l’erba è troppo alta, i tavoli appoggiati in verticale alle pareti, le due pecore magre addormentate in un angolo, mi dicono il silenzio. Ah, Sergio Peter ha scritto e pubblicato racconti. E si sente. E per me, e pure questo chi  frequenta me e questo blog lo sa, è un complimento. Dettato Sergio Peter Tunué | collana romanzi progetto grafico Tomomot, Venezia

sestanti

ricapitolando – i libri del 2013

Mi è piaciuto molto tutto quello che ho letto nel 2013. Ho avuto le mie conferme ma, soprattutto, ho scoperto nuove voci a me sconosciute. Non ho scritto di tutto quello che ho letto. Non lo faccio mai. Sono pigra e distratta. Vorrei poter dire che il buon proposito del 2014 è di lavorare su queste mie mancanze ma mentirei. Lo sapete. poi, se qualcuno non c’ha proprio niente da fare e vuole provare ad indovinare l’intruso…

Mi cerco – appunti di scrittura – stato d’animo random #3

Mi cerco. Tra le cose che ho scritto e quelle ancora da scrivere. Mi rintraccio negli oggetti che ho scelto di conservare, di tenere con me. E non si è trattato quasi mai di gusto estetico. Mi chiamo ad alta voce nello sforzo di scriverle, quelle cose che ancora non ho scritto. Ma le frasi sono sfilacciate, e le parole sono stropicciate. Mi interrogo nei libri allineati, nei quaderni appilati, nei fogli sparsi e disordinati. Negli appunti illeggibili. Mi spoglio dei vestiti che indosso, della voce che uso, dei gesti che mi determinano. E scopro solo di essere molto, ma proprio tanto, stanca.

sestanti

Virginia Woolf [cit. da Le Onde]

Il sole non si era ancora levato. Il mare non si distingueva dal cielo; era solo appena appena increspato, come un panno gualcito. Pian piano, col cielo che si schiariva, si poggiò sull’orizzonte una linea scura che li divise, e il panno grigio si spezzò a forza di colpi veloci, che da sotto salivano in superficie incalzandosi, uno dietro l’altro, in un movimento perpetuo. Avvicinandosi alla spiaggia ogni striscia si sollevava, si gonfiava, si rompeva, ricoprendo la sabbia di un velo sottile d’acqua bianca. L’onda si arrestava, poi si ritirava sibilando, come chi respiri lento, regolare e incosciente nel sonno. Pian piano la striscia scura all’orizzonte si fece più chiara, come se in una vecchia bottiglia di vino il sedimento fosse calato a fondo lasciando il vetro verde trasparente. E dietro, come se pure lì il sedimento bianco fosse sprofondato, o il braccio di una donna distesa sull’orizzonte avesse sollevato una lampada, anche il cielo si schiarì e delle strisce piatte di bianco, di verde e di giallo si propagarono nell’aria a lama di ventaglio. Poi la donna alzò più alta la lampada e l’aria sembrò farsi fibrosa e strapparsi dalla superficie verde con guizzi e vampe di fibre rosse e gialle come la fiamma fumosa di un falò che sfavilla. Pian piano le fibre del falò si fusero in un solo alone, un’unica incandescenza che sollevò il peso del cielo grigio spugnoso e lo mutò in milioni di atomi di soffice azzurro. La superficie del mare lentamente si illimpidì e brillò mossa, ondulata e spumosa, finché le strisce scure non scomparvero quasi del tutto. Lentamente il braccio che reggeva la lampada la sollevò più in alto e più in alto ancora, finché si vide una grande fiamma; un arco di fuoco si accese sull’orlo estremo dell’orizzonte, e tutto intorno il mare avvampò d’oro. La luce colpi gli alberi del giardino; le foglie si illuminarono una dopo l’altra. Un uccello cinguettò su in alto; ci fu una pausa, un altro cinguettò giù in basso. Il sole, che faceva risaltare gli spigoli delle mura della casa, si poggiò sulla persiana bianca e lasciò un’impronta di ombra azzurra sotto la foglia accanto alla finestra della camera da letto. La persiana si mosse appena, ma dentro era tutto buio e immateriale. Fuori gli uccelli cantavano la loro melodia vuota. Virginia Woolf, Le Onde

Sto leggendo

Sto leggendo Middlemarch perché ho letto Virginia Woolf che parlava di George Elliot. Sto leggendo “Lezioni Americane” di Calvino. Era l’ora. Sto leggendo “Voglio guardare”, ché un amico mi ha detto che lo dovevo fare per forza, ché un libro così va letto, e punto. Middlemarch son 800 pagine e passa, me lo tiro dietro da gennaio. È un kolossal, dovessero farne un film costerebbe più di Titanic. La Elliot è brava, ti offre questa carrellata di personaggi apparentemente semplici ma in realtà rappresentativi di tanti e vari caratteri umani. Incuriosita da altri libri lo sto trascurando. Calvino. Beh. A suo tempo ci sarà bisogno di parlarne assai, di queste illuminanti lezioni americane. Sentire uno scrittore che parla del suo mestiere è sempre uno sporco piacere. Voglio guardare. Ho letto solo due pagine per adesso. Ha un suono strano. Olè. (lunedì 8 marzo 2010 dal blogspot)

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