Via delle Camelie – Mercè Rodoreda

Lo stile di Mercè Rodoreda non smette di affascinarmi. Dopo “La piazza del diamante” anche “Via delle Camelie” mi ha trascinata nel flusso di memoria della protagonista. Non con la stessa forza e lo stesso stupore con cui ho seguito Colometa, ma comunque lasciandomi addosso la sensazione di aver vissuto in intimità con qualcuno.
La capacità di accostare dettagli, eventi e senzazioni per creare il mosaico della narrazione è anche qui un aspetto che, piaccia o non piaccia il romanzo in sé, non puó essere ignorato. Non è una lettura facile, il flusso è unico, annulla il tempo e tutto accade in un drammatico ora, in una corsa affannata, rincorrendo e scappando, mettendo a nudo debolezza e crudeltà, mescolando la realtà all’incubo.
È un libro cupo e desolato. Un susseguirsi di strappi che non possono essere ricuciti.
È una discesa all’inferno, quella di Camelia, che è come un vuoto che cerca disperatamente di trovare ciò che la può colmare. E allora ingloba tutto, accetta tutto, si lascia riempire da tutto, e da tutti. Accetterà abbracci che la stritoleranno, cercherà carezze che la feriranno.
È un libro pieno di solitudine, e perdita e smarrimento. Eppure è anche una storia a suo modo forte, e dolce, in cui i dettagli si mescolano nel contrasto tra la sporcizia e il profumo delicato dei fiori.
È una storia che poteva essere raccontata in mille modi diversi, la storia di una bambina abbandonata davanti ad un portone che passerà la vita a cercare quello che l’abbandono porta via, scambiando l’amore con la cura, e l’uomo/amante con il guaritore, una storia sentita mille volte che la Rodereda ha raccontato in modo unico, portando il lettore dentro Camelia, che resta come sullo sfondo, rarefatta, trascinata. Come un vuoto da colmare. Circondata dal profumo dei tigli.

[…] Mi liberò dall’incantesimo una voce di bambina che chiedeva come si chiamava quell’uccello: era una bambina bionda, con i boccoli, e dava la mano a un signore. Pensai subito che fosse suo padre. Si erano fermati a guardare l’uccello che pian piano si girò di schiena. Il signore stava in mezzo, tra la bambina e me; era alto e magro, mandava un odore forte di mimosa, e al polsino della camicia portava una pietra azzurra  e scura che di tanto in tanto brillava. Gli presi una mano senza guardarlo e dovetti chiudere gli occhi perché sembrava che ogni cosa si muovesse. Quando li riaprii vidi che la bambina con i boccoli si era avvicinata e mi guardava. Senza una parola diede un colpo molto forte con il taglio della mano tra la mia mano e quella del signore e lo tirò per portarselo via. Se ne andarono in giù per la strada e io non capivo perché quel signore, invece di andarsene con la bambina, non la lasciava lì a guardare l’uccello e non si portava via me. […]

Via delle Camelie
Mercè Rodoreda
La Nuova Frontiera – Collana ilBasilisco
202 p.

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4 Comments

  1. Pingback: Giardino sul mare - Mercè Rodoreda - blockmianotes

  2. unarosaverde 11 Giugno 2011 at 09:53

    Grazie per la segnalazione. Sto leggendo, e mi piace, La piazza del diamante e cercherò anche questo.

    Reply
    1. mia parissi 11 Giugno 2011 at 16:41

      Ciao!
      E’ un piacere … quasi un dovere 🙂 consigliare i libri che mi hanno colpito. “La piazza del diamante” mi ha steso, Via delle Camelie un po’ meno ma la Rodoreda è sicuramente un’autrice da leggere fosse solo per il modo particolare in cui scrive.

      A presto,

      M.

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