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Margherita, frammento #3

qui il frammento #1 e il frammento #2


‘pensati libera’

Così c’è scritto sul muro ocra, una scritta grande fatta con la vernice nera e un pennello. E un ramo disegnato, un ramo con delle foglie, sotto la scritta. Stilizzato, didascalico, quasi un vezzo superfluo, come un desiderio, una decorazione che non lasciasse sole le parole, un segno per sottolineare il pensiero.

‘pensati libera’

Così c’è scritto sul muro ocra del giardino botanico.

E Margherita si ferma. Si ferma e si siede sul marciapiede di fronte, a volte si siede tra una macchina e l’altra ferme parcheggiate. Si siede e legge.

‘pensati libera’ 

pensatemi libera pensatevi libere pensiamoci libere lasciateci libere pensiamoci

pensiamoci 

Margherita si ferma, si siede, a volte si siede tra una macchina e l’altra ferme parcheggiate. A volte si accende una sigaretta, ha pensato di smettere. Un giorno. Si ferma e si siede. Fuma e legge.

‘pensati libera’

e pensa.

Pensa e si chiede. Libera da cosa? Libera da me stessa? Libera dall’inadeguatezza, da questa distanza?

Margherita si ferma, si siede e fuma. Se c’è il sole chiude gli occhi e pensa ad occhi chiusi con il viso rivolto verso il sole e cerca. Cerca, ad occhi chiusi con con il viso rivolto verso il sole, di non sentirsi sola.

Libera dal senso di colpa? Libera da questo inespresso che si espande nella cavità buia? Libera da un’immagine di me che non corrisponde a nessuna immagine intorno a me? 

Margherita si ferma, si siede e fuma. Se c’è il sole chiude gli occhi e pensa ad occhi chiusi con il viso rivolto verso il sole e cerca. Cerca, ad occhi chiusi con il viso rivolto verso il sole, di non sentirsi sola. Se le viene fame, dalla borsa tira fuori qualcosa da mangiare. Mangia, al sole. E pensa. Seduta dall’altra parte della strada, di fronte al muro giallo ocra dell’orto botanico. E pensa. E si pensa.

‘pensati libera’

Nel perenne stato di non aderenza. In un eterno fuori posto, eternamente fuori luogo. Non poter essere nel momento, non poter essere al di là. Attraversata da correnti senza nome. Irrisolta vagante. Quasi aliena. Trasparente. Alienata. Scomoda. Una domanda ad ogni passo anche solo immaginato. Una domanda per ogni notte, una domanda per ogni risveglio. Pelle e sangue, ossa e nervi. Assemblata. In assenza di direzione, in assenza di traiettoria passata presente futura. Una frattura in cui inserirsi, un luogo in cui stare. Silenzio dove ricominciare. Nel perenne stato di non aderenza, in un reale che non può agire, assorbire, modificare. Sconosciuta. Eretta mai in modo corretto. Corretta dall’esterno. Mobile ma immutabile. Inadeguata secondo parametri indotti. Dicotomici. Impedita nel poter pronunciare io sono. Spostata, esaltata, eliminata, usata, discussa, esaminata, giudicata, derisa, annullata. Negata. Relegata in assenza di azione, ammessa solo nei gesti innocui. Costretta a rivendicare, ad urlare. Privata di un luogo che sia luogo accessibile. Non pronunciata, non verbalizzata. Privata di un linguaggio che sia riconosciuto. Marcia, sana, pulita, infetta. Oggetto identificato. Estromessa dal contesto. Nel perenne stato di non aderenza. Impossibilitata a pronunciare le parole semplici e indispensabili io sono. Una voce in un corpo scorretto, corrotto, dedotto, incantato, incatenato in un non luogo. Un corpo detto, stabilito. Destino, destinato. Tradotto. Cristallizzato nella differenza. Cristallizzato. Costretta a rivendicare, costretta ad urlare. Costretta a camminare su una strada tracciata solo con il prossimo passo, cercando nei passi passati un percorso da potersi definire suo. In attacco è in difesa, posizionamenti astratti su presupposti estranei. Io sono. Io sono niente se non quello che faccio. Io sono quella che sono. Ma non sono quello che dovrei, stando a quello che dicono. Ogni giorno, dovrei essere qualcosa che non sono, ogni giorno potrei essere qualcosa che non voglio. Ogni giorno sono quella che sono senza sapere cosa sono. Ogni giorno sono qualcosa che non so conoscere. Doppia, tripla. Accompagnata, accudita, sgridata, contemplata. In uno stato di vita apparente, il fare oltre l’essenza stabilita non ha un luogo, non ha parole per essere detto. Concepita solo nell’assenza, nell’essere altro da ciò che è come unico ed univoco. Esistenze ripetute, all’infinito. Io sono.

Io sono.

Mar ghe ri ta.

Ma rghe rita

Margherita.

Sono un nome, un fiore, un nodo, un dolce, una pizza, una canzone, un lago, un’isola, una cima, una città, un satellite, una nave.


'pensati libera'

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